Government effectiveness Le opinioni sui singoli paesi non dicono tutta la storia

Dalla corruzione alla efficacia della amministrazione pubblica, molte delle misure di confronto internazionale fra nazioni si basa sulle opinioni, la cui alternativa sono le misure di cose reali o monetarie, come l’età media della popolazione o il reddito pro capite. Prendiamo l’esempio degli World Bank Indicators: si tratta dell’insieme di una serie di valutazioni volte a sintetizzare la quantità e qualità complessiva dei servizi pubblici misurandola attraverso la percezione che ne hanno i cittadini e attraverso varie dimensioni fondamentali della gestione.

Tra queste diverse lenti di ingrandimento c’è anche quella della Government Effectiveness. Si tratta di un indice ottenuto analizzando e ricomponendo fra loro molti sondaggi di opinione. Attraverso questi ultimi è stato possibile ottenere un indice “assoluto” che va da -2,5 a + 2,5 per 215 paesi del mondo. Questo indice è anche disponibile in forma percentuale, dove il 100% di efficacia è riservato alla nazione che ha il massimo indice assoluto e lo 0% a quella con il valore assoluto minimo (per il 2014 la nazione con l’indice assoluto maggiore è risultata essere Singapore con +2.19 mentre la Somalia si è posizionata ultima con -2.48).

Come si è collocato il nostro Paese? l’Italia sta al 66.83%, a una “incollatura” dalla Cina che sta al 66.35%, mentre i nostri paesi omologhi presentano ottime posizioni: la Germania sta al 94.71%, la Francia all’88.94%, il Regno Unito al 92.79% e la Finlandia al 99.04%.

Sebbene sia molto interessante e utile avere un confronto globale su un’area così cruciale come la Government Effectiveness, diversi problemi mettono a repentaglio l’utilità di questo indice. Il primo problema è che l’indice non tiene conto della quantità di popolazione. Ne è un esempio lampante la Finlandia che, come ricordato, sembra avere l’amministrazione pubblica più efficace al mondo. Ma ha senso omologare paesi come la Finlandia, con 5,4 milioni di persone, a paesi come la Cina che ne ha 1400? Il mondo conta 7.3 miliardi di persone e i finlandesi sono un 1350° dell’umanità, cioè lo 0.74 per mille, mentre la Cina costituisce quasi il 20% dell’umanità. Ci sarà pure una differenza di sforzo organizzativo e di capacità di azione collettiva tra l’organizzare 5.4 milioni di persone rispetto ad organizzarne 1.400 milioni, oltre 250 volte tanto? Pensiamo solo al sistema giudiziario: assicurare la giustizia per un miliardo di persone è cosa più complessa che governare un sistema giudiziario che assicuri giustizia a 5 milioni di persone. Anche l’Italia è partecipe di questo paradosso: con i suoi 61 milioni di abitanti l’Italia sta al 67% di Government Effectiveness, ben al di sotto della felice isola di Barbardos che sta all’87,02% e che ha 286.000 abitanti.

Se poi applichiamo i risultati dei sondaggi sulla Government Effectiveness alla popolazione di ciascun paese del mondo, viene fuori che comunque metà dell’umanità sta sopra il 50% e metà sta sotto. Viene il dubbio che l’indice sia stato calcolato per evitare allarmi sulla qualità complessiva della amministrazione pubblica a livello globale, analisi questa che ci porta ad evidenziare un altro grande limite di questo indice: la totalizzante azione di omologazione con relativa perdita delle differenziazioni.

Facciamo un esempio concreto: paragoniamo il sistema giudiziario inglese con quello italiano. Limitandoci ai numeri si evince che nel Regno Unito il sistema di giustizia sta al 93% di efficacia, mentre quello italiano sta al 67%. Questi numeri potrebbero portare a credere che un procedimento legale che nel Regno Unito si risolve in un mese, con una data efficacia, in Italia si risolva in un mese e mezzo con pari efficacia. ma sappiamo che, purtroppo, non è così: ciò che nel Regno Unito dura un mese, magari in Italia dura 5 anni. E questo limitandoci solo alla durata dei procedimenti, che sono solo una brutta approssimazione dell’efficacia della giustizia.

La tendenza alla semplificazione dell’indice è particolarmente evidente anche in un’analisi veloce della posizione dei 215 paesi. Ad esempio nei 26 punti percentuali che separano l’Italia dal Regno Unito, si va dall’Europa del Nord alla Cina: una differenza non banale. Questo dimostra che gli indici non danno conto dei livelli assoluti, perpetuano la cultura della variazione (della derivata), dimenticando le differenze di livello assoluto (di integrale), che sono poi quelle veramente importanti. Sono le differenze di livello assoluto che si vuole intaccare quando si parla di riforme strutturali. Nessuno si scomoderebbe a fare una riforma strutturale per migliorare del 15%, ma una riforma strutturale consegna ritorni del 150% e forse più. Nessuno emigra per migliorare la propria posizione del 10%. Si emigra per passare dalla fame alla sazietà.

Terzo e forse non ultimo problema è che l’indice di Government Effectiveness non è operativo; esso non dice cosa fare e come attivarsi per migliorare la posizione di un paese. Per avere indicazioni di quali politiche e problemi di management affrontare per migliorare una posizione non buona, si potrebbero per esempio fare dei tentativi di compilare statistiche con indicatori reali, settoriali prima che generali. Naturalmente questi indicatori non sarebbero disponibili per tutti i paesi e sarebbero anche disomogenei, ma sarebbero dati operativi, migliorare o solo ottenere i quali costituirebbe già un buon progetto per tutti. Mentre le opinioni lasciano il tempo che trovano. Per migliorare le opinioni si può sempre fare una campagna mediatica per risollevare la percezione del pubblico, ma poco cambierebbe nella sostanza. A livello globale, a cose che hanno lo stesso nome (giustizia, amministrazione pubblica) corrispondono realtà molto diverse. Cose che hanno lo stesso nome, sono diverse da paese a paese. In conclusione, gli indicatori basati su opinioni sono oggi molto utilizzati: Transparency International, il World Economic Forum e la World Bank utilizzano esclusivamente indicatori di questo tipo. Meglio sarebbe utilizzare delle misure reali.