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Dalla realtà storica al fumetto: due eroi ci insegnano l’arte del risparmio

seconda parte

Nello scorso numero de Il Punto abbiamo conosciuto Francesco di Marco Datini, abilissimo e lungimirante mercante, nato a Prato nel 1335 e creatore di un sistema imprenditoriale tra i più moderni mai esistiti, soprattutto se inserito nel particolare periodo e contesto storico. Dopo averne messo in luce punti di forza e debolezze, azioni e sistemi mi sono divertita ad avvicinarlo a uno dei personaggi di fantasia più amati e conosciuti: il papero più ricco del mondo, Paperon de Paperoni. Come già accennato nel numero precedente la prima grande similitudine consiste nell’essere entrambi dei self made men ma, in realtà, avremo modo di notare che le affinità sono incredibilmente numerose. Cominciamo … 

Sia Datini che Paperon de Paperoni vantano oscuri natali, entrambi devono lottare e lavorare duro per accumulare ricchezza, ambedue iniziano con lavori umili e sottopagati: Datini come garzone in una bottega di Firenze, Paperone come lustrascarpe, attività che gli permise di guadagnare il suo primo decino che con il passare del tempo diventerà la famosissima “numero uno” vero talismano tutelare dell’enorme ricchezza del papero.

Tutti e due capirono che la terra natia non poteva dar loro la ricchezza e tutti e due emigrarono la dove vi era la possibilità di fare fortuna: Datini ad Avignone, sede del Papato, Paperone negli Stati Uniti d’America, terra del sogno. Entrambi iniziarono con un modesto capitale ricavato dall’eredità dei genitori il primo, con l’eredità del bisnonno (una dentiera d’oro ed un orologio da tasca) il secondo. Tutti e due hanno fatto fortuna lavorando senza sosta in un mondo di ladri e affaristi senza scrupoli. Anche i nostri due, per la verità, a sentire quanto narrano le loro storie avevano un abbondante pelo sullo stomaco. Datini mercanteggia armi, ma non disdegna nemmeno il commercio degli schiavi arrivando a scrivere all’importatore di una schiava risultata incinta: … che lei e ciò che ha in corpo gettiate in mare… Paperone, chiaramente, non arriva a tanto essendo, oltretutto personaggio di fantasia dei nostri giorni civili ma afferma, nel 1883, dopo aver perso i suoi iniziali e sudati guadagni: … diventerò il più spilorcio, miserabile, strizzarape, avaro e tirchioso della terra… e ancora, nello stesso anno, costretto a cedere la miniera di Butte in Montana promette a se stesso di essere il più duro dei duri ed il più furbo dei furbi.

Pochi sanno che il papero si spingerà ben oltre. Nel 1909, infatti, secondo quanto narra Don Rosa, per ritorsione contro un capo tribù africano nell’Africa australe che ha negato a Paperone il permesso per lo sfruttamento minerario della zona, fa bruciare il villaggio.

In due campi invece sono profondamente differenti. Datini è un imperterrito donnaiolo. Nonostante sia sposato con una donna più giovane di lui di venticinque anni e  fedelissima, Margherita Bandini, il mercante di Prato la tradisce costantemente invitandola, tra l’altro, a prendersi cura e ad allevare, come suoi, i numerosi figli illegittimi. Al contrario Paperone ha un solo amore nella sua vita: nel 1899 mentre accumula la sua fortuna facendo il cercatore d’oro nel Klondike conosce  Doretta Doremì cantante del saloon, e se ne innamora perdutamente. Nonostante la profondità dei sentimenti decide di rifuggire da una scelta di tipo matrimoniale e Doretta, non certo remissiva come Margherita si vendica pesantemente, denunciandolo e calunniandolo e ponendo definitivamente fine al rapporto.

Altrettanto diversi lo sono anche nel modo di vestire. Datini è un vero dandy alla moda. Possiede sei camice di lino, sei pantaloni, quattro farsetti foderati di cotone o di lana a seconda delle stagioni, dieci “cioppe” cioè giacconi foderati di pelliccia e quattro mantelli. Un guardaroba regale. Paperone indossa i soliti due o tre abiti: una vecchia palandrana, una tuba a cilindro e le immancabili ghette. Lo stesso bastone da passeggio, unico cedimento ad una certa pretesa d’eleganza, serve non tanto per passeggiare, ma come arma contro gli assalitori.

Tutti e due amano le case non appariscenti, ma comode, pochi e devoti servitori, pagati pochissimo come nel caso di Battista (uomo tuttofare di Paperone che vive con il principale nel famoso “deposito”) o gratuiti come tal Checco, garzone di Datini. Pochi fidatissimi collaboratori e in tal caso possiamo citare Miss Emily Paperett e Margherita Bandini. Vivono nei loro “fondachi” a contatto con il loro denaro, con in bella vista i loro forzieri impenetrabili. Il contatto fisico con il denaro per Peperone è addirittura paradossale, basti pensare alle sue nuotate e tuffi nelle monete stipate nel suo immenso deposito. Tutti e due non consentono che nelle loro imprese vi siano dei soci di maggioranza e pretendono di governare sia la sfera monetaria che direttiva.

Al di là di queste affinità  parallele e una modalità di arricchimento negli anni in buona parte sovrapponibile, ciò che appare singolarmente simile è il loro sistema di imprese. Datini, con i guadagni della bottega aperta ad Avignone in piazza dei Cavalieri, ne aveva aperte altre tre con una filiale a Barcellona, mentre Paperone con i guadagni dell’oro del Klondike fonda una banca e diverse altre imprese, una segheria, una ditta di olio di pesce, una di trasporti navali ed anche …. un chiosco dove lui stesso vende limonate. Poi l’impero dei due si allarga a dismisura. Datini fonda due aziende individuali (Firenze e Prato) e otto aziende collettive (Avignone, Genova, Pisa, Barcellona, con le filiali di Valenza e Maiorca e Prato) e due a Firenze. Valutando le attività si contano, inoltre, sei aziende mercantili  (di cui una individuale), due aziende industriali (compagnia della lana e compagnia della tinta), una bancaria e, infine, una domestico patrimoniale e al contempo mercantile nella città natale. Per quel che riguarda Paperone, di sicuro si sa che divenne miliardario nel 1902 e che rimane, e probabilmente rimarrà per sempre, il più ricco del mondo in assoluto sia della realtà che della leggenda, sia del presente che del passato.

Ambedue sono estremamente longevi per il loro tempo e tutti e due fino alla fine dei loro giorni sono attivi, vitali e grandi lavoratori. Datini morì nel 1410 all’età di 75 anni, essendo sopravvissuto a ben tre epidemie di peste! Paperone muore (secondo Don Rosa) nel 1967, quando cioè Carl Barks cessa di disegnare le storie del papero più ricco del mondo. Muore quindi all’età di cento anni lasciando eredi del suo immenso patrimonio i pronipoti Qui, Quo e Qua.

Nella sua vita ha accumulato tre ettari cubici di denaro e di ogni moneta conosce la storia. Datini nella sua vita ha accumulato più di centomila fiorini e di ogni moneta, come si riscontra nel suo minuzioso e quasi maniacale archivio, ha scritto la storia.