la responsabilità sociale nella amministrazione pubblica
Fino ad oggi per responsabilità sociale delle imprese(nella letteratura anglosassone CSR corporate social responsibility) si è inteso l’ampio e poliedrico ambito riguardante tutte le implicazioni di carattere etico inerenti l’impresa. Le aziende, piccole o grandi che siano, devono dimostrare di saper gestire efficacemente le problematiche sociali ed etiche tanto al loro interno quanto nelle attività esterne. Questo ha, quindi, spinto aziende grandi e piccole a dar vita a progetti speciali, con un budget speciale, per perseguire scopi sociali e ambientali. Così intesa, tuttavia, la CSR presenta vari problemi: viene spesso rappresentata e fraintesa nei circoli aziendali come buonismo e in azienda riscuote poco successo poiché non garantisce successi sicuri e di immediato utilizzo e usufrutto con il risultato che la responsabilità sociale delle imprese diventi qualcosa che si mette in atto solo per compiacere cittadini e stakeholders ricevendone in cambio un buon ritorno di immagine. Questa è quella che chiamerei la CSR “mainstream”, cioè la CSR che va per la maggiore, quella odierna e prevalente.
La CSR era stata, comunque, pensata anche come triple bottom line reporting (conosciuta anche come 3BL o “People, Planet, Profit”) con l’introduzione di nuovi valori e criteri per misurare il successo di un’impresa a livello economico, oltre che ambientale e sociale ma anche in questo caso i risultati sono stati, spesso, ambigui perché si è caduti nell’errore di ipotizzare che per soddisfare la bottom line fosse sufficiente fare profitti e incrementare i resoconti finanziari, rinunciando al tentativo di entrare nel merito di una analisi approfondita proprio di quegli effetti negativi che si suppone la ricerca del profitto abbia su clienti, cittadini, ambiente e società. [a discapito della parte etica legata alla sfera ambientale e sociale.]
Al contrario della mainstream CSR, alcuni colleghi ed io stiamo cercandodi riformulare la responsabilità sociale delle imprese in termini di bottom line economica con la convinzione e la presunzione che vi siamolto di più da dire sulla bottom line economica di quanto non sia detto nei resoconti finanziari. Siamo alla ricerca di una responsabilità sociale delle imprese che sia robusta al machismo aziendale, anzi che lo sfidi e che provi che aderire alla prescrizione di Milton Friedman (fare profitti operando nella libera e aperta concorrenza) sia esattamente in linea con la CSR. Per esempio riteniamo che sia centrale dare conto delle condizioni concorrenziali all’interno delle quali vengono realizzati i profitti o ancora dare conto di come vengano trattati i clienti. La CSR così riformulata dà conto delle attività centrali del business (core business), aldilà del bilancio contabile.
Dal dare conto del core business, facciamo un passo laterale e vediamo che dare conto delle attività centrali del business (core business), aldilà del bilancio contabile, è una operazione che anche le organizzazioni della amministrazione pubblica potrebbero attuare. Anche e soprattutto nella amministrazione pubblica infatti, i bilanci contabili non dicono nulla della validità dei servizi prodotti attraverso le risorse finanziarie di cui tali bilanci. Dopo il successo della CSR nel settore privato, cittadini e imprese potrebbero chiedere che anche l’amministrazione pubblica apra la propria governance alla responsabilità sociale (che a questo punto non sarebbe più corporate, bensì di tutte le organizzazioni). Gli strumenti di tale responsabilità sociale includono, come accennato precedentemente, l’apertura sulle condizioni concorrenziali (monopolistiche) e le soluzioni organizzative attraverso le quali si producono i servizi pubblici. Includono misure di impatto e capacità di accrescere valore alla società; confronti con organizzazioni analoghe e reporting su tali informazioni. È questa quella che chiamiamo la bottom line economica dello Stato ed è per parlare di questi temi che proponiamo la apertura della amministrazione pubblica alla CSR..
Grazie a questi ragionamenti riusciamo a dare un significato molto concreto alla esortazione di San Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura … aprite i sistemi economici”, che viene spesso citata ed appare poco attuata. Applicare la CSR alla amministrazione pubblica è un modo per aprire il più chiuso dei sistemi economici epraticare nella organizzazione dello Stato la molteplicità di scelta da parte dei cittadini e delle imprese. Come nei sistemi informativi, aprire i sistemi economici vuol dire attuare la portabilità delle soluzioni e l’accesso libero a sistemi diversi da parte degli utenti; vuol dire molteplicità di soluzioni allo stesso problema. Questo si realizza in un’organizzazione non monopolistica dello Stato. La realtà attuale è esattamente opposta a tale prescrizione: ogni volta che si mette in campo una soluzione operativa a un problema e ogni volta che si mette su un nuovo ufficio lo si fa creando organizzazioni monopolistiche. La pratica monopolistica è altresì una risposta molto praticata nella spending review;infatti la spending review spesso generaaccorpamenti di organizzazioni pubbliche e così facendo rafforza il monopolismo di tali organizzazioni, in direzione opposta alla molteplicità delle soluzioni organizzative che letteratura ha provato essere driver di responsabilità sociale. La molteplicità delle organizzazioni genera scelta da parte dei cittadini, delle imprese e delle stesse amministrazioni pubbliche che spesso sono costrette loro stesse a rivolgersi a specifiche amministrazioni pubbliche quando altre amministrazioni pubbliche fornirebbero loro un servizio migliore. Tale libera scelta darebbe luogo a una concorrenza senza privatizzazione. E contrariamente a quanto viene sostenuto nella mainstream CSR, le organizzazioni soggette a concorrenza sono più socialmente responsabili delle organizzazioni monopolistiche.