La lezione della fabbrica dei sogni
Mi perdonerà la collega redattrice Federica Lorini se per una volta sconfino parzialmente nel suo territorio all’interno della rubrica dedicata a cinema e affini. Ma si tratta di un libro che parla, in parte, anche di cinema, narrando (in prima persona) della vita di un vero innovatore della settima arte: Edwin “Ed” Catmull, oggi presidente dei Pixar Animation Studios e dei Disney Animation Studios. Verso la creatività e oltre non è una biografia come tutte le altre. Catmull, infatti, prende spunto dalle vicende della sua vita e dalla storia della Pixar per costruire una splendida lezione di creatività, che può essere utile a tutti, dall’aspirante artista al dirigente aziendale.
Sin dall’infanzia Catmull insegue un sogno, che lo accompagnerà per tutta la vita fino a realizzarsi, anche se in forma diversa da quella immaginata da bambino: diventare un animatore. Quando, crescendo, si rende conto di non essere molto portato per il disegno ma di essere bravo nelle materie scientifiche, decide di intraprendere degli studi orientati in tal senso, e si laurea agli inizi degli anni ’70 in fisica e informatica alla University of Utah. Ma questa scelta di vita apparentemente così distante dall’arte non gli impedisce di perseguire il suo interesse giovanile: la sua tesi di laurea (del 1972!) è incentrata su un corto animato realizzato in computer grafica: A computer animated hand[1]. Del resto il giovane Catmull studia sotto la guida di Ivan Sutherland, pioniere dell’informatica e geniale creatore di Sketchpad, un programma che, oltre a essere il primo software di computer grafica interattiva, ha rivoluzionato l’informatica e l’interazione uomo-computer introducendo e facendo da base a concetti oggi imprescindibili come le GUI e i linguaggi di programmazione a oggetti. Catmull intuisce le applicazioni che questi nuovi software e linguaggi possono avere nel campo dell’animazione e concentra i suoi sforzi in quella direzione. Da quel primo cortometraggio, il suo nuovo obiettivo diventa quello di realizzare un intero lungometraggio in animazione digitale.
L’inizio della sua storia già insegna una prima grande lezione di creatività: saper essere flessibili e puntare sui propri punti di forza. Catmull sa di non essere molto dotato artisticamente ma si sente a suo agio in mezzo a computer e processori. Decide quindi di concentrare i suoi sforzi in questo campo di studi per realizzare il suo obiettivo, anche se quell’obiettivo sembra avere poco a che fare con l’informatica.
Una seconda lezione che il giovane Catmull apprende dalle sue prime esperienze, e che condivide con i lettori, è l’importanza del team. I progetti che realizza all’università, infatti, non li realizza in solitudine: Catmull fa parte di un gruppo di ricerca composto da ragazzi intelligenti e creativi, che lavorano in sinergia e sviluppano praticamente da zero un nuovo campo dell’informatica: quello della computer grafica. Di questo gruppo fanno parte personaggi che poi diventeranno famosi imprenditori del campo, come James Clark, fondatore della Netscape Communications Corporation e John Warnock, co-fondatore di Adobe. Catmull racconta l’effervescenza di questo ambiente accademico, che lavora in totale libertà grazie alle sovvenzioni del progetto ARPA e con l’entusiasmo e la consapevolezza di essere pionieri di un campo che avrebbe rivoluzionato il futuro dell’umanità. È a questo ideale di gruppo che ha sempre cercato di tendere anche nelle sue esperienze successive, ed è su questi principi che è basata l’ideologia aziendale di Pixar: libertà di azione e sinergia di gruppo.
Ma senza dimenticare l’importanza della leadership.
Dopo il dottorato, infatti, Catmull lascia l’università ma continua a lavorare nel campo della computer grafica, e si trova, un po’ per caso un po’ per bravura, a capo di un progetto di ricerca incentrato sull’animazione presso il New York Institute of Technology. È qui che impara cosa significa guidare un gruppo di persone e come incanalare la creatività per la realizzazione di un obiettivo definito.
Il suo talento e la sua caparbietà attirano l’attenzione di un regista e produttore all’epoca all’avanguardia nel campo degli effetti speciali: George Lucas. In pochi anni Catmull diventa vice-presidente della Industrial Light & Magic, divisione della Lucasarts dedicata computer grafica. Qui assume, conosce (e dirige) diverse persone che poi costituiranno l’ossatura della futura Pixar, come Alvy Ray Smith e John Lasseter. La storia della Industrial Light & Magic è ben nota: nel 1986 viene acquistata da Steve Jobs e trasformata nella Pixar, di cui Catmull diventa CTO.
Inizialmente la Pixar produce soprattutto hardware e software per l’animazione tradizionale. Le attività dedicate all’animazione in CG sono marginali e poco remunerative: consistono nella realizzazione di cortometraggi e spot televisivi. Il primo corto Pixar, Luxo Jr. [2], è del 1986, è diretto da John Lasseter ed è proprio da questo cortometraggio che è stata presa la celeberrima lampada da tavolo che oggi è il logo della Pixar. I primi anni di vita della Pixar sono ardui: la società è in costante perdita e subisce diverse riduzioni di personale. Ma nonostante le difficoltà, Catmull non ha dimenticato il suo primo sogno, quello di realizzare un lungometraggio animato. La società lavora in stretto contatto con Disney, per cui realizza software per l’automatizzazione parziale della tradizionale animazione 2D. A seguito del successo di un corto Pixar del 1988, Tin Toy, la Disney decide di produrre per la Pixar un lungometraggio in animazione digitale incentrato sull’idea di giocattoli che prendono vita. Tutti oggi conoscono Toy Story e non c’è bisogno di raccontare il successo epocale di questo film. Il sogno che nei primi anni ’70 sembrava una chimera irraggiungibile è stato realizzato: Catmull e il suo team non solo hanno realizzato un intero lungometraggio in computer grafica, ma sono riusciti a produrre un prodotto di qualità indiscutibile, che verrà ricordato in futuro come una pietra miliare dell’animazione e del cinema non solo per la tecnologia rivoluzionaria, ma anche per la storia originale, appassionante e indimenticabile di Woody, Buzz e dei loro amici giocattoli.
Il libro di Catmull racconta molto bene la genesi dei
lungometraggi Pixar e i numerosi processi di riscrittura e reinvenzione delle
storie. In particolare si concentra sui fallimenti e sui vicoli ciechi: in
qualsiasi lavoro capita di trovarsi davanti a strade senza uscita, punti morti
da dove sembra di non poter uscire ma su cui ci si ostina, cercando
disperatamente quell’uscita che non c’è. Catmull ha imparato che la vera chiave
del processo creativo è saper riconoscere questi momenti e saper abbandonare
una strada sbagliata una volta intrapresa. È più difficile di quel che si pensi, perché una volta che si sono investiti lavoro,
tempo e fatica per realizzare qualcosa sembra
uno spreco buttare via tutto e ricominciare. Ma è fondamentale avere il
coraggio di farlo. Ed è fondamentale anche capire che gli errori sono una parte
integrante e ineliminabile del processo creativo ed è sciocco e sbagliato
pensare di poterli evitare. Devono essere visti come occasioni per imparare e
magari come spunti per nuove partenze.
Ed è proprio questa la terza grande lezione del libro,
la più importante. «Questo libro» conclude lo stesso Catmull nell’introduzione
«parla dell’importanza imprescindibile dell’attenzione, dell’essere leader
essendo sempre consapevoli di quello che si è, come persone e come
organizzazioni. È un’espressione delle idee che credo rendano possibile tirare
fuori il meglio di n
[1] Per i curiosi, il corto si può vedere su Youtube all’indirizzo, e mostra la rotazione e i movimenti di una mano tridimensionale: https://www.youtube.com/watch?v=wdedV81UQ5k
[2] Anche questo corto si trova facilmente su Youtube con una semplice ricerca… ma essendo coperto da copyright non pubblicherò l’indirizzo di uno dei tanti canali che l’hanno pubblicato.